Cosa penseremmo se l’architetto ci proponesse di sciare su un inceneritore? Oppure ci dicesse che è possibile pedalare tranquillamente fino ad un appartamento posto al quarto piano? O ancora, se ci proponesse di andare ad abitare in un silos di cemento? Eppure a Copenaghen queste idee, all’apparenza strampalate, prendono forma con risultati imprevedibili. Questo diventa chiaro fin dall’inizio: il nostro albergo è posizionato in un vecchio porto industriale radicalmente trasformato – come non pensare al Porto vecchio? – in cui i vecchi silos, ammantati da una nuova pelle, accolgono spettacolari appartamenti, uffici, locali, negozi ed eleganti showroom. Ma non solo, salendo sul vecchio osservatorio astronomico, sullo sfondo, tra le tipiche guglie e i pinnacoli che contraddistinguono Copenaghen, ecco scorgere la mole di un grosso inceneritore. Eppure, questo terrore ecologico il prossimo anno aprirà le porte ad una pista da sci che si dipana dalla ciminiera, sul suo alto profilo una serie di filtri di ultima generazione ridurranno le emissioni della ciminiera a sbuffi di fumo circolari che si dissolveranno nell’aria senza danni all’ambiente.
Lontano dal centro, dove la città si sta espandendo, un grosso complesso di appartamenti si sviluppa e si svolge come un nastro, è il pretesto per inserire una rampa che distribuisce a tutti gli appartamenti senza bisogno di scale o di ascensori, ognuno può accedere al suo piccolo giardino semplicemente usando la bicicletta, il resto del complesso ospita uffici e spazi accoglienti dove i residenti possono fare riunioni o organizzare feste per i loro bambini.
Sempre nella stessa zona interrompiamo la nostra passeggiata e ci ripariamo dal vento gelido in un grande edificio che pare ospitare una biblioteca. Con nostra grande sorpresa scopriamo che quel morbido intrico di scale sinuose e doppie altezze in realtà è una scuola. Al piano terra una gradinata corre contro un’immensa vetrata che la divide dalla palestra, è facile immaginare gli studenti sedersi ed osservare i compagni nell’ora di educazione fisica, probabilmente basta scostare questa cortina trasparente per trasformarla in un piccolo teatro. Non ci sono corridoi, ma solo ampi spazi costellati da sedute circolari e da enormi cuscini. Dove entriamo, ad alimentare la nostra confusione troviamo pure un bar aperto al pubblico, la scuola sembra essere veramente uno spazio per tutti, aperto al quartiere.
Questi sono solo alcuni esempi di quanto abbiamo visto a Copenaghen. Sarebbe troppo facile dire che in Danimarca gli architetti hanno finalmente la libertà di poter esprimere il loro estro senza limiti. Probabilmente. Tuttavia ciò che colpisce è come anche l’idea più bizzarra venga realizzata con grande rigore e serietà. Così come un gioco divertente si basa su buone regole anche un’idea brillante deve essere sostenuta da un progetto adeguato, ma Copenaghen sembra dirci qualcosa di più: un buon progetto non è merito esclusivo della bravura artistica dell’architetto (su cui si potrebbe sempre sindacare), ma di una generale capacità di mettere insieme e costruire relazioni tra forze e attori diversi che concorrano a dare vita ad una visione più grande e condivisa. Probabilmente è questa la chiave perché vengano realizzati anche i progetti più estremi.
Proprio per questo il viaggio, per un architetto, è un’attività a dir poco fondamentale. Non si tratta solo di “staccare” o di cercare nuove ispirazioni, ma di compiere, alle volte, dei veri e propri viaggi nel tempo alla ricerca di futuri possibili e soprattutto desiderabili.